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  • Come rigenerare i denti e ridare lucentezza al sorriso Stampa E-mail
    Scritto da Enzo   
    luned́ 29 settembre 2008

     

    WWW.ROBEDAMATTI.NET                     Cesena, 11.10.2008

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    TUTTE LE INFORMAZIONI RIPORTATE SONO QUANTO DI MEGLIO POSSIAMO TROVARE IN CAMPO MEDICO, MA RESTA CHIARO CHE I CONSIGLI FORNITI NON POSSONO E NON DEVONO SOSTITUIRE MEDICI E SPECIALISTI. WWW.ROBEDAMATTI.NET SCONSIGLIA IL "FAI DA TE" E DECLINA QUALSIASI RESPONSABILITA' DIRETTA E/O INDIRETTA.

    (Le notizie provengono da Pagine Mediche e sono aggiornate settimanalmente).

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    Denti bianchi e belli

    (Notizie provenienti da Pagine mediche.)

    Un sorriso smagliante illumina il viso ed è un ottimo “biglietto da visita” nelle relazioni interpersonali. Per questo motivo tutti vorrebbero avere sempre dei denti bianchi e belli.

    Il colore dei denti, al contrario di quanto comunemente si pensi, non dipende dallo smalto, che non possiede un colore proprio, è traslucido e lascia trasparire il colore della dentina sottostante.
    Purtroppo, però, con il passare del tempo lo smalto tende a macchiarsi, assorbendo pigmenti da cibi e bevande, e a perdere lucentezza: i principali nemici del sorriso sono il tartaro, il fumo di sigaretta e i coloranti presenti in alimenti e bevande (the, caffè, coca cola).

    Ma non bisogna disperare! I progressi nel campo dell'odontoiatria estetica permettono a tutti lo sbiancamento dei denti, un procedimento che prevede l'applicazione di un gel capace di decolorare lo smalto e la dentina, rendendo nuovamente i denti bianchi e luminosi.

    Sbiancamento professionale

    La prima operazione necessaria è una seduta d’igiene orale dal dentista. Eliminati placca e tartaro, lo specialista stabilirà il trattamento più consono per i vostri denti: sedute di laser, mascherine personalizzate o faccette di porcellana.

    Nelle sedute di laser, dopo aver applicato un gel viscoso ad elevata concentrazione di “perossido di idrogeno”,  i denti vengono esposti alla luce di speciali lampade al plasma. La luce è in grado di accelerare l’effetto di penetrazione della sostanza sbiancante contenuta nel gel. La procedura dura da 30 a 90 minuti, a seconda della colorazione iniziale dei denti, e sono necessarie di solito una o due sedute.

    Nelle sedute con mascherine personalizzate viene fatto il calco delle arcate dentarie del paziente per realizzare la mascherina di silicone morbido (assicurando una perfetta aderenza sui denti). Le mascherine – sulle quali viene spalmato un gel sbiancante -  vengono quindi applicate sulle arcate dentarie. La durata del trattamento viene stabilita dallo specialista.

    Le faccette ceramiche sono sottili lamine in ceramica che vengono applicate sulla superficie esterna dei denti; vengono applicate nei casi più difficili, in cui i denti sono talmente rovinati che nessun trattamento risulta efficace.

    Lo sbiancamento è destinato a durare per 4 o 5 anni, anche se i denti tendono ad ingiallire se nuovamente esposti al fumo e al caffè.

    Cosmetici

    Lo sbiancamento dei denti va affidato periodicamente al dentista, ma in commercio ci sono diversi prodotti che possono aiutare il nostro sorriso.

    I dentifrici con agenti sbiancanti agiscono sulle macchie che opacizzano lo smalto. Si trovano in commercio nelle farmacie e nei supermercati.
    Le mascherine “fai-da-te”, rivestite con gel sbiancante a base di “perossido di carbamide”, si applicano sulle arcate dentarie superiore e inferiore ogni sera prima di andare a letto e vanno tenute tutta la notte.

    Rimedi naturali

    La buccia di limone è utile per sbiancare i denti e ridurre il tartaro.
    La polpa di fragole passata sui denti aiuta a renderli più bianchi e ad avere un alito più fresco.
    Anche il bicarbonato ha proprietà sbiancanti, ma va utilizzato non più di 1 o 2 volte al mese, perché potrebbe provocare abrasioni allo smalto dei denti.

    Infine, una speciale pasta dentifricia all'argilla si può preparare in casa mescolando 1 goccia di olio essenziale di menta, 1 cucchiaio di glicerina, 1 cucchiaio di acqua e 2 cucchiai di argilla.

     

     

    DENTISTI: IN ITALIA 15. 000 ABUSIVI, AFFARE DA 720 MLN

    (AGI) - Roma, 19 dic. - Un giro d'affari enorme, un'illegalita' diffusa e rischi concreti per la salute dei pazienti. Il fenomeno dei dentisti abusivi in Italia e' in crescita: attualmente si stima siano almeno 15.000, con un giro d'affari di 720 milioni di euro l'anno, naturalmente in nero. Solo nel 2009 i Nas hanno riscontrato 550 violazioni, cento in piu' dell'anno precedente. Sono le cifre contenute nel Libro bianco sull'esercizio abusivo della professione presentato oggi a Roma dalla Commissione Albo Odontoiatri della Fnomceo. Nei primi nove mesi del 2009, ha spiegato il presidente della CAO Giuseppe Renzo, i Nas hanno chiuso 121 strutture abusive, in pratica una ogni tre giorni, che erogavano qualcosa come 58.080 cure l'anno, per un giro d'affari di 5 mln 808.000 euro. "Ma i numeri sono molto piu' grandi di cosi' - denuncia Renzo - e i 15.000 esercenti abusivi forniscono ogni anno 7 milioni 200.000 cure a pazienti ignari, con enormi rischi per la loro salute dentaria e non solo". Perche' se a curare la bocca e' un abusivo, le possibilita' di infezioni aumentano: "Non c'e' dubbio che il fenomeno dei falsi dentisti incide sulla diffusione di infezioni gravi come l'epatite B e C, l'Aids, ma anche l'Erpes, il Citomegalovirus, i Prioni, i batteri e virus saprofiti del cavo orale". E nel periodo 1986-2001 "si registrano 50.000 casi di incidenti a operatori sanitari". Un problema, quello dell'abusivismo, collegato ovviamente "al fenomeno delle lauree false, su cui - denunciano gli odontoiatri - hanno messo gli occhi le grandi organizzazioni criminali. Ogni hanno si danno migliaia di lauree da universita' che non hanno i titoli, magari romene, gente che poi, senza titoli, mettera' le mani in bocca ai pazienti". Pazienti che sono italiani, ma anche "molti immigrati, cinesi, cingalesi, che si fanno curare i denti in scantinati senza alcuna protezione igienica". Contro quella che definiscono "una vera piaga" gli odontoiatri propongono "la depenalizzazione dell'articolo 348 del codice penale, l'esercizio abusivo della professione, che viene applicato poco e male. Invece si potrebbe derubricare il reato a livello amministrativo, consentendo l'effettivo sequestro di strutture e attrezzature che potrebbero essere date a strutture pubbliche per garantire le cure ai cittadini non abbienti". -

     

    Cardiologia

    L’ipertensione ‘nemica’ di ben 12 milioni di italiani

    Cefalea, sensazione di testa pesante, ronzii alle orecchie, vertigini, perdita di sangue dal naso: sono solo alcuni dei sintomi dell’ipertensione, una patologia di cui soffre un numero sempre maggiore di persone in tutto l’occidente.

    I più colpiti sono gli anziani: per gli over-50 l’ipertensione è, infatti, tra le cause principali di mortalità, poiché provoca problemi al sistema cardiocircolatorio, procurando ictus ed infarti. Sono, attualmente, 60 milioni gli ipertesi nel mondo, il 25% degli over-50 ne soffre e la percentuale sale al 50% per gli over-65. Nel Belpaese sono 12 milioni gli affetti da questa patologia. I rischi, inoltre, aumentano perché il 70% degli ammalati non segue una cura corretta e stabile, dovendo in molti casi combinare i farmaci contro l’ipertensione con altri medicinali.

    La notizia allarmante è il dilagare tra i giovani della patologia. Le cause sono, in questo caso, legate alle cattive abitudini di vita e alimentari: fumo, alcol, ritmi di vita stressanti e cibo ricco di sale e grassi sono tra i principali fattori che causano il fenomeno. A tutto questo si aggiunge, tra l’altro, l’aumento del consumo di droghe.

    Per questo motivo i medici, riunitisi recentemente in una tavola rotonda sull’argomento ‘Incidenza, prevalenza e costi nelle terapie innovative dell'ipertensione’ hanno ipotizzato soluzioni che possano curare e, in alcuni casi, prevenire la malattia. I pediatri potrebbero iniziare a misurare la pressione arteriosa già in età neo-natale, infantile ed adolescenziale, in modo da tenere sotto controllo eventuali cambiamenti e/o mutazioni. È stato calcolato, infatti, che il 3% dei bambini tra 0 e 10 anni è colpito da ipertensione, e tra gli 11 ed i 18 anni la percentuale sale al 9%. E il rischio è di non sapere di soffrire di questa patologia, come avviene a circa il 30% dei giovani.

    I medici hanno ipotizzato tecniche alternative per curare la patologia: il problema è che spesso è lo stesso medico a sbagliare la terapia, e in alcuni casi si utilizzano farmaci poco adatti. Il 60% degli ipertesi usa un farmaco che combina due molecole. Questo condiziona negativamente il tipo di terapia: mentre nel caso delle combinazioni libere è possibile prescrivere qualsiasi prodotto, nel caso di combinazioni ‘obbligate’ le uniche confezioni a disposizione sono sostanzialmente quelle con i diuretici. Ciò limita la possibilità di trovare una cura efficace che, ovviamente, cambia da paziente a paziente.

    La necessità sarebbe quindi quella di utilizzare tecniche nuove, anche sperimentali, che portino maggiore libertà nella cura ma anche una maggiore garanzia per i malati. A questo si dovrebbe associare, naturalmente, una costante attenzione agli stili di vita da parte del paziente. 

    Cardiologia

    Ipertensione

    Quali sono le cause? - Quali consigli agli ipertesi? - Cos'è? - Cos'è la massima? - Cos'è la minima? - Quale delle due è più pericolosa? - Quanto è diffusa? - Quali sono i sintomi? - Quali sono le conseguenze? - Quali sono i farmaci in grado di controllarla?

    Quali sono le cause?

    Nella maggior parte dei casi la causa è sconosciuta (ipertensione essenziale o primaria). A volte può dipendere da altre patologie, per esempio un'insufficienza renale o alcuni tipi di tumori che producono quantità eccessive di ormoni che alzano la pressione (ipertensione secondaria).

    Quali sono i fattori predisponenti?

    obesità: Piuttosto che di obesità è meglio parlare di eccesso ponderale.
    L'eccesso ponderale si accompagna con grande frequenza ad aumento della pressione, della glicemia, dei grassi nel sangue, ed a riduzione dell'attività fisica; inoltre, è un grosso fardello che affatica inutilmente il cuore.
    Secondo dati recenti nel mondo occidentale circa il 30% della popolazione avrebbe un eccesso ponderale di varia entità. Va precisato, a questo proposito, che si parla di obesità quando il peso corporeo superi del 15% il peso ideale.
    La determinazione del peso ideale si ottiene con varie formule. Un criterio abbastanza diffuso definisce come peso ideale il numero di chili pari ai centimetri oltre il metro di statura (quindi, per un uomo alto 1,80 m. il peso ideale sarebbe 80 chili), ma questo criterio è forse più adatto al ventenne che svolga attività fisica; per un sessantenne sedentario appare eccessivamente generoso, e sarebbe consigliabile una riduzione di almeno il 10%.
    E' stato anche sicuramente dimostrato che l'aumento del peso del 20% rispetto a quello ideale nei soggetti di media età raddoppia l'incidenza di malattie delle coronarie, e la triplica se l'obesità si accompagna a ipercolesterolemia o ipertensione.
    Gli obesi malati di cuore vivono in media 4 anni di meno del cardiopatico di peso regolare. L'essere fortemente sovrappeso anticipa poi di 7 anni l'inizio della malattia in chi è predisposto. Negli Stati Uniti è stato anche calcolato che se si riuscisse a debellare il cancro la vita si allungherebbe di meno di due anni, mentre se si eliminasse l'obesità si allungherebbe di 5 anni.

    diabete; stress: L'importanza dello stress è generalmente sopravvalutata dai pazienti. In gran parte ciò è dovuto al fatto che è un termine che ha trovato grande successo e diffusione, essendo chiamato in causa per situazioni molto diverse.
    Essendo utopistico e irrealizzabile l'intento di modificare positivamente l'ambiente in maniera sostanziale, è chiaro che i nostri sforzi sono diretti alla individuazione ed alla eventuale modificazione di quei tratti della personalità che, sottoposti all'influenza ambientale, possano costituire un fattore di rischio per gli eventi coronarici.
    Numerosi ed approfonditi studi hanno individuato uno specifico atteggiamento comportamentale, definito come personalità di tipo A, che costituisce un sicuro fattore di rischio coronarico.
    Gli elementi costitutivi del comportamento di tipo A sono rappresentati da una costellazione di atteggiamenti caratteriali che contribuiscono nel loro insieme a determinare uno specifico tipo di personalità.
    In sintesi, i tratti distintivi del comportamento di tipo A sono la fretta, l'impazienza, l'eccessiva competitività ed un certo grado di ostilità verso l'ambiente sociale, lavorativo e familiare. Nell'ambito di una strategia riabilitativa globale, in cui gli atteggiamenti psicologici hanno un ruolo fondamentale, la ripresa graduale delle proprie attività, con un'ottica diversa e con una mentalità diversa, favorisce il totale reinserimento sociale, la chiusura di un periodo della vita difficile ed oscuro, culminato con un grave "incidente", e l'inizio della ricostruzione psico-fisica del paziente, su nuove basi.
    Sul piano pratico è consigliabile adottare una serie di atteggiamenti di difesa, che potrebbero essere riassunti nei seguenti consigli: eliminare l'eccesso di lavoro; affrontare e risolvere un problema alla volta; crearsi se è possibile un hobby.

    sedentarietà: Il tema della sedentarietà, intesa come ridotta attività fisica, è strettamente connesso con quello dell'eccesso ponderale. Una riduzione del dispendio calorico, se si mantengono costanti le entrate, si traduce in un accumulo di grasso ed aumento di peso.".
    Accurate indagini statistiche effettuate in un numero rilevante di pazienti hanno consentito di verificare che l'attività fisica si traduce in una diminuzione significativa del rischio cardiovascolare, sia nella prevenzione primaria, cioè nell'evitare un primo infarto, sia, e soprattutto, nella prevenzione secondaria, cioè nell'evitare un secondo infarto in chi ne abbia già subito uno.
    I meccanismi attraverso i quali l'attività fisica induce effetti benefici sono ben noti, e sono sia diretti che indiretti.
    Direttamente, l'allenamento fisico, cioè un'attività fisica regolare e costante, produce effetti benefici mediante la riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa sotto sforzo, con conseguente risparmio del consumo di ossigeno del muscolo cardiaco, una migliore utilizzazione dell'ossigeno da parte dei muscoli scheletrici, un miglioramento della capacità lavorativa globale, uno spostamento del controllo nervoso del cuore a vantaggio del vago, sistema frenatore e di risparmio, a discapito del simpatico, sistema acceleratore e dispendioso, un innalzamento della soglia a cui compaiono ischemia ed angina durante lo sforzo, ed aritmie minacciose.
    Indirettamente, l'attività fisica ha effetti benefici attraverso un aumento del colesterolo protettivo HDL, una riduzione dell'aggregabilità delle piastrine, una riduzione della pressione arteriosa, degli ormoni circolanti che stimolano il cuore, della glicemia nel diabete e dei trigliceridi, dell'obesità, dell'abitudine al fumo.
    Non c'è dubbio, quindi, che l'attività fisica vada incoraggiata ed incrementata e che al contrario la vita sedentaria vada evitata invertendo, così, la radicata tendenza che imponeva periodi di lunga e pressoché completa, e talora definitiva inattività agli infartuati.

    alimentazione ricca di grassi animali
    consumo cronico di alcol
    abitudine al fumo di sigaretta
    precedenti familiari di infarti: le malattie cardiovascolari tendono ad aggregarsi in particolari nuclei familiari, per cui si finisce con l'ereditare la predisposizione ad ammalare, ed i discendenti di coronaropatici vanno guardati con particolare attenzione;

    età: L'aterosclerosi coronarica, come quella degli altri distretti vascolari, è una malattia di tipo degenerativo, dovuta essenzialmente alla inevitabile senescenza dei vasi; per cui si dice comunemente, non a torto, che abbiamo l'età dei nostri vasi; ed a dispetto di ogni disperata ricerca di ringiovanimento esteriore ed estetico, nessuno può venderci la pillola della giovinezza;

    Quali consigli agli ipertesi?

    Il 1999 è stato l'anno in cui l'Organizzazione Mondiale della Sanità, d'intesa con l'International Society of Hypertension, ha reso note le nuove linee-guida per il trattamento dell'ipertensione. Le linee consigliano di iniziare la terapia antipertensiva attraverso modificazioni dello stile di vita (riduzione del peso corporeo, riduzione dell'eccesso di sale nella dieta, maggior consumo di cibi di natura vegetale, abolizione del fumo, correzione delle abitudini alcoliche, incremento dell'attività fisica), prima di passare ad un trattamento farmacologico. Le linee-guida apportano anche un "ritocco" verso il basso dei valori pressori massimi consentiti nella norma: 130/85 e non più 140/90 mmHg. Ciò significa allontanarsi quanto è più possibile dai rischi di complicanze. Si pensi solo che, passando da una "minima" di 90 a una di 105, aumenta di 2,5 volte il rischio di eventi coronarici e di 4 volte quello di eventi cerebrovascolari. Ai reduci da un infarto recente va sottolineato che generalmente i livelli di pressione, anche se erano elevati o molto elevati prima dell'infarto, tendono a normalizzarsi durante la degenza e per un periodo più o meno lungo anche dopo la dimissione. Ciò è dovuto ad una serie di fattori, che vanno dalla stessa lesione del muscolo cardiaco alla immobilità assoluta o riduzione dell'attività fisica, alle terapie effettuate. E' inevitabile che la pressione, se era alta prima, presto o tardi dopo l'evento infartuale tornerà a crescere. E' molto importante, quindi, che dopo l'infarto la pressione sia tenuta costantemente sotto controllo, poiché l'ipertensione è un importante fattore favorente un ulteriore evento coronarico.

    I dieci comandamenti della pressione alta

    Dieci comandamenti per chi
    soffre di pressione alta
    1. conoscere la propria pressione e controllarla regolarmente
    2. sapere quale deve essere il proprio peso ideale e conservarlo a quel livello
    3. non eccedere con il sale ed evitare cibi salati
    4. seguire una dieta povera di grassi
    5. non fumare
    6. assumere farmaci seguendo esattamente le prescrizioni del medico
    7. seguire i consigli del medico per svolgere qualsiasi attività fisica
    8. cercare di condurre una vita normale
    9. spingere parenti e figli a controlli regolari della pressione
    10. non disdire mai l'appuntamento con il medico

    Cos'è?

    E' una condizione caratterizzata da un innalzamento stabile dei valori della pressione del sangue. Nell'adulto si considera ottimale una pressione di 80-120 mmHg. Si parla di ipertensione quando i valori sono uguali o maggiori di 90-140 mmHg.
    Dai dati raccolti negli ultimi anni pare che siano oltre un miliardo nel mondo le persone ipertese e che, di esse, solo un quarto abbia una pressione arteriosa ben controllata. In certi paesi, addirittura, gli ipertesi assistiti terapeuticamente stanno diminuendo: in Inghilterra solo il 6% è trattato correttamente. Questa situazione è in parte legata alla natura asintomatica della malattia che per questo si può definire un perfetto "silent-killer".
    L'iperteso non si sente ammalato. E' solo cosciente di un rischio, motivazione spesso non sufficiente per indurlo a sottoporsi ad una terapia per tutta la vita e fare una dieta adeguata.

    Cos'è la massima?

    La pressione sistolica (massima) è la forza che il sangue esercita sui vasi quando il cuore si contrae e pompa.

    Cos'è la minima?

    La pressione diastolica (minima) è registrata quando il cuore si rilascia per riempirsi nuovamente di sangue.

    Quale delle due è più pericolosa?

    Sorprese dalla ricerca clinica: è la "massima" da tenere principalmente sotto controllo. Rispetto alle convinzioni del passato, che indicavano nei parametri della pressione diastolica (la "minima") il principale fattore di rischio, è emerso con forza che l'attenzione che bisogna prestare alla "massima" viene dall'importanza che si annette, tra i fattori di rischio, alla pressione differenziale (i millimetri di mercurio che intercorrono tra la sistolica e la diastolica). Infatti, man mano che aumenta l'età - spiegano gli ipertensiologi, come intendono oggi definirsi quei medici che, oltre a far ricerca, abbiano anche grande esperienza clinica nel campo dell'ipertensione - la pressione sistolica continua a salire, mentre al contrario quella diastolica a ridursi.

    Quanto è diffusa?

    Secondo le statistiche, in Italia soffrono di ipertensione dieci milioni persone, ma secondo gli esperti ne esistono altre cinquemila che, senza saperlo, sono colpite dalla malattia.

    Quali sono i sintomi?

    Di solito l'ipertensione non dà sintomi, e viene scoperta in occasione di un controllo. A volte può dare: lieve dolore alla nuca, soprattutto al mattino, affaticamento, sangue dal naso (epistassi), disturbi della vista, palpitazioni, vertigini, stimolo frequente a urinare.

    Quali sono le conseguenze?

    La responsabilità dell'ipertensione arteriosa nell'incidenza d'eventi cardiovascolari è nota da molti anni, a seguito di approfondimenti epidemiologici su popolazioni. Si calcola, infatti, che il rischio di essere colpiti da una malattia coronarica sarebbe doppio negli ipertesi rispetto ai normotesi, e che il rischio di accidenti vascolari cerebrali sarebbe addirittura otto volte maggiore. L'ipertensione induce insufficienza cardiaca più spesso nelle donne, negli obesi e nelle popolazioni di colore. Alla conclusione sono giunti ricercatori dell'università dell'Illinois, Chicago, dopo aver esaminato le cartelle di 680 pazienti con insufficienza cardiaca. Nei soggetti monitorati, il 25% delle insufficienze cardiache avevano avuto come prima causa l'ipertensione. Tra le donne, però, questa causalità ricorreva nel 34% dei casi (contro il 21% degli uomini); il divario era ancora più netto tra afro - americani e bianchi (40% contro 7%) e tra obesi e non (45% contro 18%). Ad ogni modo, sicuramente l'alta pressione arteriosa è responsabile, da sola o in concorso con altri fattori, di un diffuso danno delle pareti dei vasi e del cuore stesso (l'ipertrofia del ventricolo sinistro) e di un'accelerazione del processo aterosclerotico. Attraverso questi meccanismi, essa è in grado di determinare o favorire le malattie coronariche, come l'angina e l'infarto, l'ictus cerebrale, lo scompenso cardiaco, le aritmie, l'insufficienza renale, la patologia ostruttiva dei vasi degli arti inferiori, la patologia vascolare dell'occhio. Dagli studi di popolazioni appare verificata anche la relazione inversa: più è bassa la pressione, più aumenta la durata della vita e migliora la sua qualità.

    Quali sono i farmaci in grado di controllarla?

    L'impiego dei farmaci, i cui effetti collaterali possono rappresentare un ostacolo per un'assunzione a lungo termine, e la realtà sanitaria di molti paesi, che non favorisce l'instaurarsi di un prolungato rapporto medico-paziente, sono fattori che costituiscono una condizione fondamentale per mantenere una buona adesione del paziente stesso alla terapia.

    I diuretici: abbassano la pressione diminuendo la quantità di liquidi in circolo. Sono però sconsigliati a chi soffre di diabete e gotta, perché tendono a far aumentare la glicemia e l'uricemia, e a chi soffre di incontinenza urinaria, perché aumentano la quantità di urina che viene prodotta.

    Betabloccanti: agiscono direttamente sulle terminazioni nervose, diminuendo la forza con cui il cuore si contrae e dilatando le pareti delle arterie. Sono controindicati se si soffre di asma, perché favoriscono un restringimento dei bronchi.

    Calcioantagonisti: diminuiscono la pressione sia riducendo la forza con cui il cuore si contrae sia dilatando le arterie. Sono indicati in chi soffre di angina.

    ACE inibitori: bloccano la produzione da parte del rene di una sostanza che fa alzare la pressione. Sono indicati nei diabetici. Possono provocare una tosse stizzosa.

    Sta al medico scegliere per ciascuno la cura più appropriata, o eventualmente un'associazione.

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    Dall’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato, 10 regole per la salute del fegato in estate.

    2 milioni e mezzo di persone con epatite B e C, 21.000 decessi all’anno per cirrosi o tumore, malattie epatiche come principale causa di morte nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni: questi i numeri delle patologie che colpiscono il fegato in Italia.

    L’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) che riunisce i maggiori specialisti italiani di malattie epatiche propone, in vista dell’estate e delle imminenti vacanze, un decalogo di prevenzione, alcune regole semplici da seguire per conservare in salute il proprio fegato.

    Le malattie epatiche, legate a stili di vita e comportamenti a rischio, sono in molti casi asintomatiche e hanno un decorso pluri-decennale: in questo quadro, risulta fondamentale una corretta educazione e sensibilizzazione ad adottare comportamenti corretti e ad effettuare screening di controllo.

    In occasione dell’estate, oltretutto, molti italiani si apprestano a raggiungere in vacanza Paesi con un tasso di prevalenza particolarmente alto di epatiti.
    Ecco allora le regole da seguire per mantenere il fegato sano e proteggerlo da malattie come epatiti, cirrosi, tumore.

    1. Mantieni delle corrette abitudini igieniche. Fai attenzione allo stato di igiene di quello che mangi, quando sei fuori casa e in viaggio. L’epatite A si trasmette infatti tramite alimenti infetti come frutti di mare, verdure e acqua. Stai attento  quando utilizzi forbicine e rasoi ed altri strumenti appuntiti in comune con persone che non conosci: le epatiti B e C si trasmettono attraverso il sangue di un soggetto infetto. Avvertenza per tutti ma soprattutto per i bambini: non toccare MAI aghi o siringhe abbandonate, possono essere fonte di infezione!
    2. Adotta uno stile di vita che preveda un’alimentazione corretta e regolare attività fisica. Una dieta sana ed equilibrata permette di mantenersi in forma e di mantenere il fegato sano. Approfitta dell’estate per assumere frutta e verdura in abbondanza: sono fonti preziose di vitamine (A e C), ferro, fibre ed acido folico. Riduci quanto puoi cibi grassi o fritti. Nel caso di una malattia cronica del fegato, inoltre, lo stile di vita e il controllo degli eccessi alimentari concorrono a limitarne l’evoluzione e a migliorare le risposte alle terapie. Se hai una malattia del fegato NON assumere alcolici di nessun tipo. Il controllo del peso e dell’accumulo di grassi nell’organo permette di prevenire malattie epatiche talvolta evolutive.
    3. Dieta equilibrata e controllo del peso corporeo. Se stai facendo una drastica dieta dimagrante in vista della spiaggia, falla sotto controllo medico per assicurarti di assumere tutte le vitamine e i minerali necessari. Il controllo del peso corporeo e la limitazione all’assunzione di calorie (cibi grassi e carboidrati in eccesso) prevengono l’accumulo di grasso nel fegato (steatosi) che costituisce la base di una possibile malattia evolutiva dell’organo.
    4. Consuma moderatamente vino e bevande alcoliche. Un bicchiere di vino o birra a pasto non pone problemi – salvo restrizioni in caso di altre patologie e in particolari condizioni (vedi punto 2). Fai attenzione a non mischiare MAI alcolici e farmaci, la loro combinazione può essere molto tossica per il fegato!
    5. Stai attento ai farmaci che assumi. Non abusare nell’uso dei farmaci e non eccedere nelle dosi indicate dal tuo medico o segnate sul foglietto illustrativo: tutti i farmaci passano attraverso il fegato e quantità in eccesso potrebbero essere dannose. Non mischiare MAI differenti farmaci senza il consiglio di un medico.
    6. NON assumere droghe di nessun tipo. Il rischio è molteplice: se vengono assunte droghe sintetiche possono provocare danni permanenti al fegato, a causa della loro elevata tossicità. Inoltre, se avviene uno scambio di siringhe, è possibile contrarre l’epatite B e C o anche il virus dell’immmunodeficienza umana (HIV) che può aggravare molte malattie di fegato. Fai attenzione a non mischiare MAI droghe e alcol: la loro combinazione può essere letale per il tuo fegato (e per te!).
    7. Fai attenzione quando fai piercing e tatuaggi. In estate spesso si presenta l’occasione per queste iniziative: ricorda che moltissime infezioni si trasmettono quando piercing e tatuaggi vengono realizzati con strumenti non sterilizzati. Controlla che chi esegue il tatuaggio o il piercing utilizzi strumenti monouso e sterili, in un ambiente pulito e non improvvisato.
    8. Evita rapporti sessuali a rischio non protetti.  Le malattie a trasmissione sessuale sono molte: tra queste è inclusa l’epatite B. Usa il profilattico nei rapporti a rischio.
    9. Vaccinati contro l’epatite B e contro l’epatite A. Dal 1991 la vaccinazione contro il virus B è obbligatoria per i bambini: chi ha meno di 25 anni è già immunizzato, tutti gli altri, se non sono immunizzati, possono comunque effettuarla.  Nel caso dell’epatite A, se non ci si è immunizzati spontaneamente, è opportuno effettuare il vaccino in occasione di viaggi in Paesi esotici o di permanenza in aree endemiche – in particolare nei soggetti già affetti da altre malattie epatiche. 
    10. Esegui controlli periodici del tuo sangue. Tramite gli esami del sangue è possibile controllare il livello di alcune sostanze presenti nel sangue - gli enzimi epatici - che rivelano lo stato di salute del tuo fegato. La maggior parte delle malattie epatiche, in particolare le forme croniche, sono asintomatiche, per cui chi ne soffre spesso non se ne accorge. I controlli aiutano a tenere monitorato lo stato di salute del fegato.
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    CELLULITE.

    Fatta la diagnosi, che fare? Contrariamente a quanto si crede, la cellulite non è solo un disturbo estetico, ma rappresenta una vera e propria patologia del microcircolo, ovvero di quella parte di piccoli vasi che uniscono le arterie alle vene e si trovano nel sottocute. La definizione corretta, secondo G.B.Curri è P.E.F.S.: pannicolopatia ?edemato- fibro-sclerotica. L'acronimo sottolinea il carattere di malattia (pannicolopatia) a carico del tessuto adiposo sottocutaneo, che va da semplici stati di ritenzione idrica (edema) a fasi gradualmente ingravescenti fino alla fibrosi e poi sclerosi dei tessuti. La causa risiede in molti fattori, noti da tempo: alimentazione, abitudini di vita, familiarità, alterazioni ormonali? Il grado della cellulite va da uno stadio di edema, semplice ritenzione di acqua, fino a processi sempre più severi e più difficilmente reversibili (aspetto a buccia d'arancia) e lesioni permanenti (sclerosi), che clinicamente sono evidenti come nodosità dolenti e dure del sottocute (aspetto a materasso). Le donne sono più colpite degli uomini per ovvi fattori ormonali.  La diagnosi è clinica, ma spesso è necessario eseguire esami particolari (capillaroscopia, termografia) per valutarne il grado e la possibilità terapeutica. TopFatta la diagnosi, che fare?Occorre anzitutto dire che non esiste oggi, prevenzione a parte, un metodo risolutivo ed definitivo, ma tanti metodi, idonei, per certi stadi e per certe forme di cellulite, a ridurre i fastidi estetici e la sintomatologia (pesantezza alle gambe, soprattutto perimestruale, dolore, gonfiore, crampi, bruciore, prurito, nodosità). L'elettrolipolisi consiste nell'uso di corrente elettrica applicata attraverso aghi nel sottocute che hanno lo scopo di ridurre il tessuto cellulitico.  L'idrolipoclasia consiste nell'uso di ultrasuoni per ridurre i noduli della celle cellulite che determinano l'aspetto a buccia d'arancia e a materasso.  La mesoterapia sfrutta l'effetto di alcuni farmaci, omeopatici o tradizionali, che iniettati nel sottocute, svolgono azione terapeutica sul microcircolo, attivandolo e favorendone gli scambi metabolici.  La pressoterapia e il linfodrenaggio rappresentano ottimi metodi antiedemigeni, se in mani esperte.  L'ozonoterapia sfrutta le proprietà di un gas, l'ozono, che ha la capacità di migliorare l'ossigenazione del microcircolo, apportando materie nutritive e disperdendo i cataboliti delle cellule. In tal modo si migliora la microcircolazione e i disturbi legati alla sua alterazione.  La carbossiterapia sfrutta l'effetto vasodilatatore dell'anidride carbonica per migliorare la microcircolazione.  La liposuzione e la liposcultura hanno un effetto riducente sui cuscinetti e masse adipose in eccesso che non rispondono a terapie mediche.  

    Si tratta di metodiche generalmente indolori, povere di rischi ed effetti collaterali. Esistono infine altre metodiche, tutte valide, la cui efficacia è definita dalla scelta: ad ogni stadio e tipo di cellulite, esiste un corrispettivo terapeutico. L'importante è poter trovare la metodica giusta per la patologia e lo stadio correttamente diagnosticati. Ovviamente una buona terapia non prescinde dalla dieta, dalle abitudini di vita (abolizione del fumo e della vita sedentaria ecc.), dalle terapia farmacologiche in atto (pillola) e da altri fattori neuro-ormonali da prendere in considerazione caso per caso.

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     SUCCHIARE VIA IL GRASSO Se si è in soprappeso, ma si hanno soltanto dei cuscinetti di grasso e non si è ancora arrivati allo stadio di pura cellulite, per disfarsi del grasso in eccesso ci si può far aiutare dalla liposuzione. La liposuzione è un vero e proprio intervento chirurgico, quindi con tutti i problemi che un'operazione può comportare, ma, se eseguita da mani esperte, può donare al vostro aspetto fisico una nuova giovinezza. Chi può sottoporsi a liposuzione e chi no? Questo intervento è consigliato a chi non ha grossi accumuli di grasso ed ha invece una pelle ancora abbastanza elastica, in modo da poter recuperare dopo l'intervento. Va da chiarire, però, che se si continua a mangiare e non si fa attività fisica, anche dopo la liposuzione si continuerà ad ingrassare. La liposuzione è sconsigliata invece a chi soffre di vene varicose, flebiti, problemi cardiocircolatori, ipertensione, diabete, patologie renali. Queste patologie, infatti, aumentano il rischio dell'intervento. La liposuzione è essenzialmente diretta al pubblico femminile, perché tratta alcune zone del corpo, quali cosce, glutei, fianchi, ginocchia, in cui il grasso si accumula più facilmente a causa degli estrogeni, gli ormoni femminili, che provocano ritenzione idrica e quindi rallentano la microcircolazione sanguigna fino a causare la comparsa della cellulite. La liposuzione risolve una parte di questi inestetismi, ma bisogna fare attenzione al medico a cui ci si rivolge. Per essere sicuri che lo specialista è un esperto, basta tenere presente alcuni consigli: assicuratevi che sul suo ricettario ci sia scritto "specialista in chirurgia estetica"; non tutti i chirurghi sanno come manovrare gli strumenti per la liposuzione e molti incidenti durante le operazioni sono avvenuti proprio per questo motivo; assicuratevi che durante l'intervento sia sempre a disposizione un anestesista; l'anestesia può comportare dei rischi e, quindi, è necessario che lo specialista sia presente per prendere provvedimenti; non credete a chi vi promette mari e monti, fidatevi invece di chi vi illustra anche i limiti di questa operazione; chiedete cosa comprende il prezzo esplicitamente; a volte è solo l'onorario del medico e ricordate che un prezzo basso non è sempre sinonimo di scarsa professionalità.Prima dell'intervento, il medico vi farà effettuare degli esami, per vedere se tutto è a posto: elettrocardiogramma, esami del sangue e delle urine e, nel caso di eventuali altre malattie, degli esami particolareggiati ed approfonditi. L'intervento dura solitamente, a seconda del grasso da eliminare, dai 40 minuti alle 3 ore e può essere effettuato in anestesia locale, peridurale o generale.

    L'intervento si svolge così: il chirurgo effettua dei taglietti di qualche millimetro nei quali inserisce le cannule di aspirazione; queste cannule frantumano il grasso depositato e contemporaneamente lo aspirano. Alla fine dell'intervento, i taglietti vengono richiusi con il filo di sutura e le gambe avvolte in una guaina elastica per contenere il rilassamento della pelle. I punti vengono solitamente tolti dopo circa una settimana, mentre la guaina, che durante la prima settimana viene tenuta giorno e notte, dopo aver tolto i punti si deve indossare per tutto il giorno e toglierla durante la notte per almeno un mese. Il costo dell'intera operazione si aggira tra i 2000 ed i 4000 euro.

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    Uso dei plantari.

    In questi casi la cellulite trae giovamento anche dall'uso di un plantare. In commercio ne esistono molti già confezionati, ma non sono mai personalizzati sul caso specifico.Per questo, prima di prescrivere un plantare è indispensabile eseguire un esame innocuo e indolore: la Baropodometria Computerizzata con Stabilometria.Il paziente cammina su una pedana dotata di sensori di pressione in grado di analizzare i carichi sia in statica che in dinamica e di trasmetterli ad un computer. Si rilevano in tal modo le alterazioni fra destra e sinistra, sia da fermi che camminando, la distribuzione fra retropiede e avampiede, gli appoggi metatarsali e dei talloni. Con l'ausilio di una telecamera digitale computerizzata si valutano anche i baricentri di equilibrio.I dati così ottenuti vengono trasferiti direttamente dal computer alla fresa (sistema CAD-CAM), che confeziona direttamente una coppia di plantari personalizzati sul difetto specifico da inserire nelle scarpe di comune uso.

     

    RisultatiQuesta terapia funzionale porta nell'arco di poche settimane ad un miglioramento della postura e della deambulazione favorendo il ritorno venoso e linfatico degli arti inferiori; solitamente si ha un beneficio anche sui disturbi della schiena e sul gonfiore. Uno dei primi disturbi a regredire sono proprio i dolori plantari e i duroni. La cellulite tende a migliorare per effetto sul sistema venoso e linfatico. Il plantare è già riconosciuto come forma di terapia nelle insufficienze venose e nel linfedema da più di un decennio.

    La baropodometria e il sistema CAD-CAM hanno poi incrementato la funzionalità e l'efficacia della terapia plantare, indirizzandola in maniera sempre più specifica anche sulla cellulite, di cui iniziano ora a comparire i primi lavori scientifici.

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    TOSSICODIPENDENTI IN CURA COSTANO 1. 600 EURO ANNO

    Roma - L'accesso quotidiano ai Servizi di un tossicodipendente intenzionato al recupero si attesta sui 1.500 -1600 euro l'anno, costo che viene abbattuto a 50-60 euro annui se l'accesso e' limitato a una volta al mese, optando per la soluzione dell'affido terapeutico, che permette al personale sanitario addetto ai Servizi per la Tossicodipendenza (Ser. T.) di consegnare al paziente una quantita' di farmaco sufficiente ad autogestire la terapia. Un risparmio notevole che riduce i costi a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN) e, nel contempo, migliora la qualita' della vita dei pazienti (secondo il 67% dei medici). Lorenzo Mantovani, Direttore della ricerca al Centro di Farmaeconomia CIRFF, Universita' Federico II, nel corso dell'incontro 'Tossicodipendenza: la terapia della fiducia' tenutosi oggi a Roma, ha inoltre approfondito il confronto tra i costi della terapia sostitutiva con la sola buprenorfina e con la sua associazione con naloxone: 'l'analisi costo/utilita' ' spiega Mantovani ' mostra una situazione di dominanza economica del farmaco di associazione nei confronti della sola buprenorfina. Intraprendere un trattamento con buprenorfina/naxolone determina un notevole risparmio annuo per il SSN superiore a 650 euro a paziente trattato. Tale risparmio ' continua Mantovani - e' costituito dal ridotto tasso di supervisione richiesto dai pazienti trattati con il farmaco di associazione, grazie all'effetto protettivo esercitato da naloxone sul rischio di diversione (produzione di un grave discomfort nel caso di iniezione endovenosa)'. Una soluzione migliore per il paziente, che riduce costi e rischio di un mercato parallelo delle sostanze terapeutiche e che permette agli operatori sanitari dei 567 Ser. T. in Italia di concentrarsi sui casi piu' gravi e complicati.
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    L'INFARTO E' PIU' FREQUENTE D'INVERNO

    New York - Meglio il clima mite per i malati di cuore. Le temperature fredde aumentano i livelli di infiammazione nel corpo e questo potrebbe aiutare a spiegare come mai le morti per cause cardiovascolari aumentano nei mesi invernali, secondo una nuova ricerca condotta in Germania. Lo studio ha analizzato un gruppo di adulti con una storia di infarto. Gli scienziati hanno osservato che cinque giorni consecutivi di freddo particolarmente intenso avevano portato a un aumento dei livelli nel sangue di due marker di infiammazione (la proteina C-reattiva o Crp e la interleuchina-6), mentre i livelli di un altro marker di infiammazione, il fibrinogeno, erano saliti dopo soli 3 giorni di freddo rigido. Il team della Dr.ssa Alexandra Schneider dell'Helmholtz Zentrum Muenchen presso il German Research Center for Environmental Health di Neuherberg ha misurato i livelli dei tre marker di infiammazione in circa 1.000 adulti che avevano sofferto di infarto nei sei mesi precedenti. L'aumento dei livelli di infiammazione si rilevava con un calo delle temperature di 10 gradi Celsius. Il freddo rigido, sostiene il team della Schneider sulla rivista Epidemiology, potrebbe anche innescare dei processi che rendono il sangue piu' denso, aumentando le probabilita' di formazione di trombi.

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    TIROIDE: AUMENTANO I TUMORI MA CALA LA MORTALITA'

    Reggio Emilia - Piu' di 150 persone hanno preso parte a Reggio Emilia allo screening gratuito organizzato a margine del convegno "Prevenzione Ad Arte" promosso da AIBAT (Associazione Italiana Basedowiani e Tiroidei), l'associazione di volontariato che sostiene e informa i pazienti affetti da patologie tiroidee, dal Centro Malattie della Tiroide dell'Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, dall'Assessorato alla Cultura e Sport del Comune di Reggio Emilia, in collaborazione con Officina delle Arti e il Centro Internazionale Loris Malaguzzi-Atelier Raggio di Luce. Quattro medici hanno lavorato per tutto il giorno con il supporto di due macchinari messi a disposizione da Esaote. Roberto Valcavi, primario di endocrinologia dell'Arcispedale di Santa Maria Nuova, ha riferito che sono stati individuati alcuni casi sospetti, passibili di ulteriori approfondimenti, e moltissimi casi di alterazioni estremamente comuni, circa il 50 per cento, come tiroidite o cisti di tipo benigno: questi interessano il 20 per cento della popolazione, ma la percentuale sale notevolmente con l'eta'. Negli ultimi anni, ha detto lo specialista, sono stati accertati 25 nuovi casi di tumore/anno per 100mila abitanti, in aumento rispetto ai 15 di dieci anni fa: ma la diffusione della cultura della prevenzione fa si' che i tumori siano scoperti a uno stadio iniziale e siano quindi piu' curabili. "La mortalita' per tumore si e' ridotta, anche se e' aumentato il numero dei casi - spiega. - Diagnosticandoli precocemente, anche se ne diagnostichiamo di piu', curiamo piu' pazienti, ottenendo la guarigione in una larghissima percentuale di casi". Il convegno di Reggio Emilia e' stato teatro ieri e oggi del primo evento pubblico che collega prevenzione, arte e nuove tecnologie. "Il progetto - spiega Emma Bernini, Presidente AIBAT - ha un forte taglio innovativo. L'idea e' nata dal fatto che di solito le cose della salute hanno sempre una dimensione abbastanza grigia, mentre volevamo unire all'informazione medica di alto livello, anche se con una comunicazione semplice perche' diretta ai pazienti e alle famiglie, l'intrattenimento: non dare alla malattia solo un connotato tetro ma legarla alla creativita' e anche alla bellezza, fatta salva la corretta informazione medica". Le comunicazioni scientifiche al convegno di ieri (coordinate dal professor Italo Portioli, direttore scientifico dell'Arcispedale Santa Maria Nuova, hanno visto come relatori il dottor Roberto Valcavi, uno degli endocrinologi italiani piu' noti a livello internazionale, la dottoressa Lucia Mangone, direttore del registro tumori di Reggio Emilia e il dottor Plinio Amendola, dell'Istituto nazionale per la cura dei tumori di Milano). Per l'intrattenimento, esecuzioni di brani di Astor Piazzolla, Jacques Ibert e Hector Villa Lobos.

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    EPILESSIA, SCIENZIATI USA SCOPRONO L'ENIGMA

    Parigi - Era uno dei piu' intricati "enigmi" dell'epilessia, ora un team di scienziati Usa annuncia una scoperta che potrebbe avere conseguenze decisive nella ricerca di nuove terapie. Gia' nel secolo scorso alcuni esperimenti avevano riscontrato che con la respirazione di biossido di carbonio un paziente epilettico vedeva potenziati i livelli di acidi nel cervello migliorando nella malattia fino a guarire, anche se l'interruttore molecolare per il raggiungimento di questo obiettivo era sempre stato avvolto nel mistero. Negli esperimenti sui topi, gli scienziati della University of Iowa ritengono di aver trovato il meccanismo. Un canale noto come ASIC1a, che si trova sulla superficie delle cellule cerebrali, si apre in risposta a livelli piu' elevati di acido e ammette atomi noti come ioni. Questo a sua volta attiva altre cellule cerebrali che bloccano il progredire della malattia. I ricercatori hanno utilizzato kainate, un prodotto chimico utilizzato per innescare convulsioni, a roditori che non avevano l'ASIC1a, o erano stati geneticamente modificati per togliere loro i canali per gli ioni. i topi senza il canale ASIC1 hanno avuto crisi epilettiche piu' severe e molto piu' lunghe. "Abbiamo riscontrato - chiarisce il ricercatore Adam Ziemann, a guida dello studio che e' stato pubblicato sul Nature Neuroscience - che ASIC1a non sembra svolgere un ruolo nel modo in cui inizia la malattia, ma, quando il pH e' ridotto, svolge un ruolo nell'arrestarne la progressione". Questo, sintetizza il co-autore dello studio John Wemmie, "e' il primo studio a dimostrare che l'attivazione di ASIC1a puo' avere uno effetto inibitorio sull'epilessia". Una buona notizia, perche' ora si puo' ragionare sulla ricerca di farmaci che attivino ASIC1a per attivare e disattivare le convulsioni, anche se i ricercatori avvertono che "molto lavoro ci attende prima di confermare questa teoria".
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    TAGLIARSI LE UNGHIE AIUTA A PREVENIRE L'INFARTO

    Tagliarsi le unghie aiuta a prevenire l'infarto. Nel senso che un'attenta analisi delle unghie tagliate permette di verificare la presenza di un quantitativo di nicotina tale da far supporre la presenza di un autentico rischio cardiaco. Secondo l'American Journal of Epidemiology, infatti, le unghie sono il miglior misuratore della presenza di nicotina nell'organismo umano, soprattutto in quello femminile. "La loro crescita e' di circa un centimetro l'anno", ha spiegato alla rivista Wael al-Delaimy dell'Universita' di California, "e quindi forniscono un quadro particolarmente preciso dell'esposizione dell'organismo al tabacco". Qualcosa in piu', quindi, della semplice ammissione del numero delle sigarette fumate ogni giorno: anche il fumo passivo rientra nel conteggio, e la quantita' di fumo effettivamente aspirato ad ogni boccata. Secondo il suo studio, condotto su ben 62.500 donne, il livello di nicotina presente nelle unghie dei soggetti affetti da malattie cardiovascolari e' doppio rispetto ai soggetti sani.

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    TELETHON: AL NEGRI DI MILANO IL PUNTO SULLA SLA

    Milano - I progressi piu' recenti degli studi condotti da Telethon sulla sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono stati illustrati oggi in un incontro presso l'Istituto Mario Negri di Milano, nell'ambito dell'iniziativa che ha visto la Fondazione Telethon aprire i suoi laboratori al pubblico. A parlare del progresso negli studi sulla sclerosi laterale amiotrofica, malattia degenerativa rara caratterizzata da una perdita graduale di neuroni motori, Caterina Bendotti, Valentina Bonetto, Massimo Tortarolo e Pietro Veglianese, ricercatori dell'Istituto Mario Negri che, grazie ad un finanziamento avuto da un bando Telethon, lavorano ad un progetto di ricerca su questa grave patologia genetica. "La nostra ricerca sulla SLA ha due obiettivi fondamentali - ha affermato Caterina Bendotti, Capo del Laboratorio di Neurobiologia Molecolare dell'Istituto Mario Negri - Uno e' quello di capire i meccanismi che fanno degenerare specificamente i motoneuroni per poter identificare i bersagli giusti per una terapia efficace e l'altro e' quello di poter individuare i marcatori biologici specifici che permettano di fare una diagnosi precoce della malattia e di capire come si evolvera". "La ricerca contro le malattie rare, come la SLA, deve rappresentare una priorita' per l'importanza che riveste per meglio capire anche le malattie neurodegenerative piu' comuni - ha affermato Silvio Garattini, Direttore dell'Istituto Mario Negri intervenuto alla giornata. Sono anche intervenuti Mario Melazzini, presidente dell'AISLA (Associazione Sclerosi Laterale Amiotrofica) e Lucia Monaco, Responsabile Ufficio Scientifico Comitato Telethon Fondazione Onlus. "Vicini alla ricerca - ha sostenuto Lucia Monaco - rappresenta per la nostra organizzazione un ulteriore passo per avvicinare il grande pubblico ai temi della ricerca scientifica. A questo si aggiunge poi la volonta' di rafforzare la squadra Telethon, fatta di ricercatori, partner di raccolta e associazioni di malati che, con il loro sostegno, ci permettono di vedere la cura come obiettivo sempre piu' vicino".

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    MILANO: 14 ORDINI ARRESTO PER 5 OMICIDI E 90 LESIONI

    Milano, 9 giu. - Sono complessivamente 14 le ordinanze d'arresto nell'ambito dell'inchiesta su presunte truffe alla Sistema sanitario nazionale che coinvolge la clinica Santa Rita di Milano: 2 in carcere. Agli indagati vengono contesti 90 espisodi di lesioni gravi e gravissime e 5 di omicidi volontari per interventi operatori inutili e dannosi nei confronti di pazienti che non sarebbero stati messi al corrente dei rischi che correvano. Lo scopo, quello di ottenere rimborsi dal Servizio Sanitario, non dovuti, secondo l'inchiesta, per circa 2 milioni.
     

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